Qualche settimana fa ho scritto quello che mi piace, oggi giornata uggiosa fuori e di speranza dentro, elenco quello che non mi piace – che ricordarselo non fa male.
Il silenzio, ma solo quando le parole sarebbero meglio, qualsiasi cosa debbano dire.
Le promesse non mantenute e le questioni irrisolte.
Il pesce cucinato con il pomodoro e qualsiasi cosa cucinata con il vino, se non lo fai sfumare.
I debiti, economici e di cuore.
Il senso di colpa che pure con fatica sto cercando di togliermi, cercando di fare bene (ovvero come mi sento di fare) sin da subito, per non fare pasticci.
Le mail (o i messaggi) che iniziano con ‘Ciao,‘.
Dire che qualcuno è ‘carino e gentile’.
I primi momenti di conoscenza: sono scomodi, complessi, spesso complicati da pregiudizi e sovrastrutture evidentemente di troppo.
Sentirmi troppo quando invece vorrei solo essere abbastanza.
Alessandro Baricco e i suoi piedi nudi esposti in ogni dove.
La gerarchia e la formalità.
La mia casa silenziosa nei momenti in cui mi basterebbe anche solo sentire il respiro di qualcun altro.
Le calze che pure indosso perché ho imparato sulla mia pelle che se no mi ammalo.
La fiducia (mia) mal riposta.
Leggere poco.
Non essere più capace di guardare la TV da sola.
Andare dal parrucchiere.
Non riuscire a ridere di qualcosa: fossero anche le mie sfighe vuoi non trovarlo un lato divertente?
Non riuscire a farmi capire. Potrei mangiare pesce col pomodoro per anni, cenare con Baricco scalzo e leggere solo mail che iniziano con ‘Ciao,’, ma preferirei essere capita, sempre. Soprattutto da chi mi vuole bene.