L’anno scorso di questi tempi scrivevo una letterina a Babbo Natale, facendo un po’ il punto su quel che mi era successo nel 2014 ed esprimento desideri per il 2015. Il post è questo qui e devo dire che, tutto sommato, ho vissuto un anno al limite del meraviglioso. Non ricordo di essermi mai divertita tanto e ho imparato la suprema arte del rendere concreta la positività che, non lo sapevo così tanto, da sempre mi porto dietro.
Quest’anno ho deciso di scrivere una lettera a me stessa per avere il piacere di compiacermi e per ricordarmi fra un mese, un anno o dieci di essermi voluta tanto bene. Ché se ne sei capace, per bene, una volta è come andare in bicicletta: non disimpari più.
Cara Raffa,
oggi è il 7 dicembre e la città che ti ha adottato e ti ha dato un lavoro (che ti piace un sacco, anzi lo adori – semicit.) è in festa. Tu sei a casa, tra il profumo del caffè, le canzoni dei Mumford & Sons, ‘I was made for Lovin’ You’ dei Kiss e il lavoro, arretrato e non. Fra un’oretta inizierai ad avere seriamente fame (ma ce l’hai già adesso, dì la verità), ti farai la pasta del sabato anche se è lunedì e poi andrai in ufficio per godere del silenzio e della pace che solo quel posto sa darti. A meno di sorprese (che vuoi tantissimo, lo so) concluderai la tua giornata facendo un idromassaggio con la musica altissima, la testa che si muove avanti e indietro e le braccia che escono dall’acqua e si agitano senza grazia e decisamente fuori tempo.
Cara Raffa, volevo dirti che in questi ultimi 12 mesi sei stata brava. A volte hai perso la strada, ma poi l’hai recuperata subito. Altre volte non ce l’hai fatta, ma sei riuscita a rendere il tuo nuovo percorso giusto e fatto apposta per te come pensavi sarebbe stato quello iniziale.
Delle volte l’hai combinata, ma in fin dei conti ti sei divertita e tutto è servito. Questa è la cosa importante: tutto il resto è noia.
Hai tenuto il cuore aperto quasi sempre e se l’hai chiuso avevi i tuoi buoni motivi per farlo: ti sei innamorata di una persona che non ti ha amato, ti sei fatta in quattro per dare qualcosa a chi pensavi che ne avesse bisogno. Hai ricevuto porte in faccia e ti sei illusa che quello che ti venisse detto fosse solo la verità e non un pretesto per tenerti attaccata e nutrire un già gigantesco ego.
Sei caduta ancora, accidenti, e mentre inciampavi ti rendevi conto che, questa volta, saresti dovuta stare a terra un po’ più del solito per far rimarginare le ferite. Così sei stata lì, hai guardato il mondo dal basso, hai ascoltato e hai smesso di piangere. Hai chiesto spiegazioni e ti sei fatta una ragione delle cose.
Hai fatto i conti con una maternità mancata e con il sempreverde “ma a me cosa manca?”. Ci hai messo minuti, giorni e mesi per capire che in fondo non ti manca niente, che hai quel che è giusto tu abbia, che sei quel che è giusto tu sia e che è bello, bellissimo, concentrarsi su ciò che si ha e non su ciò che non si possiede. Tutto ha una ragione e tutto ha un senso: la vita si dipana come deve e anche un po’ come vuoi e quindi tutto, davvero, va bene così.
Un giorno inciampata lo sei per davvero, strappandoti i pantaloni e sbucciandoti le ginocchia: quel giorno qualcosa è cambiato e se ti dovessi chiedere qual è la serendipity del tuo 2015 mi risponderesti che è stato quel giorno lì, il 18 giugno. Niente è più stato come prima. Anzi, tu Raffa non sei più stata come prima.
Osi e rischi pur essendo prudente e attenta. Ti sei ricreata un lavoro praticamente ricominciando da zero: un anno fa, di questi tempi, eri al limite del WTF e decidevi, forse, di spendere quel che ti rimaneva, andare a NY una settimana dagli amichetti tuoi per rimettere insieme idee e pezzi e vedere di ripartire. Così hai fatto, ripartire sei ripartita anche se con il freno a mano tirato.
Hai scoperto l’amore per una città che non è la tua, ma vorresti che tanto lo diventasse: quando ti chiedono chi c’è a Firenze per fartela piacere così tanto sorridi sorniona domandandoti se davvero tutti pensano che debba esserci qualcuno per farti essere felice.
Sei felice di aver scoperto che la felicità non la trovi specchiandoti in qualcun altro, ma anche solo guardando dentro di te. Hai conosciuto persone meravigliose e hai allontanato con fermezza, convinzione e un briciolo di tristezza chi ti avvelenava l’anima.
Hai smesso di pensare che sia sbagliato piombare nella vita degli altri come se fossi un meteorite: sei quel che sei e se sul Pianeta su cui plani c’è voglia di fare si troverà anche il modo di ricostruire, sistemare i mattoncini e iniziare una nuova vita.
A Babbo Natale non ci credi più, così come non ci credevi l’anno scorso, ma credi in te e nelle persone che ti circondano. Ti auguro di continuare a essere quella che sei, ti sentirti sempre abbastanza e di non credere mai a chi ti dice che non lo sei. La vita farà il resto. E lo farà bene.
Ad maiora!