A volte rido un po’ quando abbasso la sguardo, in metro, sui marciapiedi della città, in posti affollati, e vedo tutto questo ammasso di gente calzare sneakers. Che si stia indossando la gonna o i jeans, gli shorts o un abito elegante, all’abbinamento con una scarpa bassa e presumibilmente comoda non sfugge mai nessuno. Le sneakers, è proprio vero, sono dappertutto.
Rido perché, lo saprai, non è mica sempre stato così. Un tempo – e mica tanto, eh, parlo di una manciata di anni che quasi ci stanno in una mano – agli eventi a cui vado di solito io ero pressoché l’unica con un paio di scarpe basse. “Beh, ma tu sei alta, tu puoi!” dicevano strizzate in meravigliosi tacchi 12, elevate da stivali alla coscia o fasciate in sandali gioiello. Avrei voluto rispondere che, più che altro, io volevo così e che, appunto, volendo, avrebbero potuto anche loro. Invece mi sono sempre limitata a dire “Eh sì, sì sono alta, mi annaffiano la mattina” e tutte quelle battute sull’altezza che in quanto a disagio leviamoci tutti.
Rido perché in fondo io porto le stesse scarpe di quando avevo 12 anni. Adesso che scrivo, per esempio, indosso un paio di Superga bianche, semplici semplici, che ricompro ogni 2/3 anni (dipende dall’uso smodato che ne faccio), sempre identiche. Queste, per esempio, le ho acquistate a un prezzo ridicolo (tipo 20 euro) l’anno scorso di questi tempi su Privalia che, diciamolo, è uno dei miei spacciatori di sneaker di fiducia.
Negli anni ne ho accumulate un bel po’. Tante Converse All Star, tra le mie preferite, in svariate tonalità. Preferisco di gran lunga quelle basse che stanno meglio di quelle alte, sul mio lunghissimo piedino, quando indosso gonne e vestitini. Le abbino davvero a tutto, come le Superga di cui sopra.
Alla mia veneranda età mi sono convertita alle Vans: comode proprio no, ma pare sia tutta una questione di abitudine. Pare eh. L’ultimo acquisto è stato questo: se solo non mi facessero soffrire le pene dell’inferno le abbinerei praticamente a tutto. Per ora mi sono limitata a un paio di pantaloni in finta pelle e a una gonna a pieghe sotto il ginocchio.
Ho fatto una malattia anche per queste (ma nella versione grigia e bianca), sempre Vans, che sconsiglio con tutto il cuore: oltre a essere scomode contro ogni possibilità di miglioramento, si sono rovinate dopo una sola brevissima passeggiata – terminata anzitempo causa piaghe. Le continuo a mettere quando so che le devo sopportare per poco tempo. Ma presto finiranno in spazzatura. Olè.
Dopo un passato glorioso trascorso indossando Stan Smith – solo e rigorosamente con linguetta verde – ho stoicamente deciso di non acquistarle: un po’ perché aspetto che qualcuno me le regali (:)) e un po’ perché questa cosa che a 35 anni porto le scarpe di quando appunto facevo le medie un po’ mi piace e un po’ mi inquieta. A Londra, quando sono stata in febbraio, mi sono però innamorata di queste qui sotto, un’esclusiva Adidas per JD Sport. In Italia il mio numero non si trova, ma sono fiduciosa che il futuro mi riserverà la mia buona dose di Super Star. Per il momento mi accontento di queste, anch’esse appena acquistate.
Mentre scrivo sto guardando un documentario su Netflix, Sneakerheadz, che se sei appassionato di moda, di cultura e beh, certo di sneakers non dovresti perderti. Lo guardo e penso che se solo il gene della passione si fosse impossessato di me – in generale dico – di quella community di maniaci delle sneakers farei parte anch’io. Per il momento mi accontento di stare a fianco di uno di loro ;).
P.S. Ti consiglio anche questo articolo sui due fondatori di Sneakerology, Jesse Chorng ed Elliott Curtis.