A me i cartoni animati non piacciono moltissimo. Risulterò impopolare per questo, ma è la verità. Nonostante ne sappia spesso apprezzare le qualità tecniche e narrative, prime su tutte quelle della produzione Pixar, non mi sento di poter dire di amare il genere. Da piccola divoravo i film di animazione della Disney, nonchè i cartoni giapponesi che affollavano la TV (vedi Mila & Shiro o Memole e così via), ma ora i miei gusti televisivocinematografici sono diversamente orientati.
E’ per questo motivo che Enne ha dovuto insistere parecchio (sono quella che si suole definire un osso duro) per convincermi a guardare, la scorsa settimana in TV, Ratatouille, il settimo lungometraggio della Pixar che narra le vicende di un topino parigino, Rémy, letteralmente innamorato della buona cucina.
Devo ammetterlo: Ratatouille mi è proprio piaciuto, tanto che non escludo di riguardarlo, prima o poi. Non voglio stare qui a raccontarvi la storia, alcuni di voi la conosco già di sicuro e altri avranno modo di farlo. Vorrei condividere solo l’assonanza che mi è sembrato di scorgere tra Ratatouille, appunto, ed Estasi Culinarie, il libro scritto nel 200o dalla stessa autrice de L’eleganza del riccio.
In entrambi, film e libro, troviamo un critico gastronomico cinico, superbo e solo. Nel primo è ancora nel pieno della sua potenza, vive ancora quei momenti che, nel libro, invece, vengono descritti come si potrebbe fare con un “console che entra nell’arena a ricevere le acclamazioni” quando “l’improvvisa scarica di adrenalina […] irradia il corpo da capo a piedi, […] cancella ogni fatica e ogni realtà contraria al vostro piacere, […]. In Estasi Culinarie, invece, il vecchio Arthens è sul letto di morte, ormai privato di quell’aura di finta magia con cui egli stesso si era premiato.
Ma tutti e due, Ego e Arthens, cercano qualcosa, la stessa identica cosa per la verità. Solo che il primo non lo sa, mentre il secondo vota le ultime ore della sua vita alla fondamentale scoperta. Sono alla ricerca del Sapore, sì proprio quello con la S maiuscola, simile in tutto e per tutto alla madeleine proustiana. Ed è solo e unicamente nel momento in cui lo trovano, che entrambi tornano a essere delle persone e smettono di essere dei personaggi, che recuperano un’umanità persa in sapori che con il loro vero essere non c’entravano assolutamente niente.
Come dire: puoi mangiare il sushi più buono del mondo, il pancake più soffice dell’universo, il pollo al curry meglio equilibrato dell’intera galassia, ma i peperoni al pangrattato che ti faceva tua nonna, quelli sì che sono imbattibili.