Una volta esisteva Napster e io ne ero drogata. Scaricavo tanta di quella musica da non riuscire nemmeno ad ascoltarla tutta: sceglievo versioni live di brani che registrati in studio beh, erano decisamente meglio, cover quanto mai inusuali, canzoni super pop e altre che a ripensarci non so bene nemmeno io perché le ascoltassi. Avevo un caro amico che ogni tot si presentava con un CD e mi faceva conoscere musica che probabilmente non avrei mai ascoltato, ma che poi invece consumavo.
All’epoca delle cassette mi sbattevo come una dannata per registrare le canzoni che più mi piacevano dalla radio, stando attenta a non imprimere anche la voce dello speaker o le pubblicità tra un brano e l’altro. Poi ho avuto il masterizzatore esterno (oh God!), poi quello incorporato, poi appunto c’era Napster e poi c’erano i CD originali o non e insomma la mia vita passava tra una nota e l’altra. Abitavo in provincia, giravo sempre in macchina e ascoltavo SEMPRE qualcosa.
Poi mi sono innamorata e ho iniziato a farmi (e fargli) i CD chiamandoli con la data in cui li assemblavo: ce li ho ancora tutti e sì, ero decisamente innamorata e felice perché ascoltavo della musica tristissima che ovviamente non comprendevo. Se avessi capito il dolore che quella gente cantava non l’avrei infatti MAI ascoltata.
Poi mi sono trasferita a Milano e ho abitato con una persona che di musica si nutriva così tanto da rendere assolutamente superflua la mia partecipazione alla questione. Ero sempre un passo indietro e quindi ho preferito fermarmi. Gli anni sono passati, di CD non ne ho più praticamente comprati, avevo un iPod che però era sempre pieno della stessa musica e che dimenticavo a casa troppo troppo spesso.
L’altro giorno mentre parlavo con una mia amica delle solite-cose-di-cui-parlo-in-questo-periodo, lei mi ha detto che in fondo, a me, non manca niente. Forse solo un po’ di musica. Ed è vero, la musica mi manca, ma ormai ho dimenticato come si fa a cercarla. Prima mi sono ricordata di una conversazione avuta pochi giorni fa in cui mi si diceva che “la musica è vita e non può mancare” e che, quindi “è importante”. Tutto vero. Quella stessa sera sono andata a letto con gli auricolari nelle orecchie, Spotify attivato e l’illusione che fosse il Discoletto (lo ascoltavi il Discoletto quando eri adolescente?) dei trentenni (o dei quarantenni). E’ stato bello.
La verità è che sto vivendo, più di dieci anni dopo, quel che ero a 20 anni, solo che 20 anni non li ho più e adesso che ho rispolverato i CD che mi ero fatta allora (o che mi erano stati fatti) capisco che sì, quella musica mi piace ancora, ma no, non fa più per me. E che se allora mandavo messaggi espliciti ed ero sicura di andare a colpo sicuro, adesso non funziona più così. Perché sono cambiata io, ma, soprattutto, sono cambiati i miei interlocutori. E la musica è una di loro.
Mi serve musica, mi aiuti a cercarla?